Un progetto di Festina Lente Teatro e Vagamonde nato da un'idea di Andreina Garella con il contributo di Coop Consumatori Nordest e Oikos in collaborazione con la Soprintendenza ai Beni Storici, Artistici Etnoantropologici di Parma e Piacenza e il patrocinio della Provincia di Parma

mercoledì 28 dicembre 2011

PROLOGO


Corpi vivi accatastati in vie troppo strette, percorsi tra mare e deserto, corpi senza riscatto, depredati dalla dignità.
Corpi senza vita dispersi in mare, corpi di donne, di uomini, di bambini che non avranno mai una sepoltura.
Cosa direbbe Antigone ora? Cosa direbbe se potesse oggi guardare tutti i diseredati dalla terra, tutti i dispersi senza nome? Antigone, che nel suo gesto amoroso di cura, per dare sepoltura al corpo del fratello, si ribella alla legge della città, si ribella all’editto di Creonte, che non permetteva di dare sepoltura a chi non era stato dalla parte dei vincitori.
Antigone cerca giustizia, cerca libertà, cerca pace; Antigone non ha paura, Antigone rivendica il diritto alla pietà, si oppone, si indigna, cerca il rispetto delle regole ancestrali, condivise da tutti, ma non attuate.
Le leggi della città e le leggi della vita si oppongono irrimediabilmente; quando una comunità dimentica la sua appartenenza a un’unica matrice umana, produce innominabili atrocità.
Antigone è la metafora dell’agire femminile, dove ogni donna si può riconoscere, è la testimonianza del peso che la donna assume di fronte alle alterazione della nostra società in epoca di decadenza, adesso come allora.
Attraverso lo sguardo di Antigone abbiamo la possibilità di confrontarci con i problemi della realtà, una modalità di azione che parte dall’essere donna, e ci spinge a ripensare ad un’idea di cittadinanza e di appartenenza ad una comunità; ci chiede di rispecchiarci nella diversità, la differenza , di ritrovare il rispetto, la pietà e la giustizia.
“Nacqui a legami d’amore, non di odio” Sofocle Antigone
Così noi interroghiamo Antigone, chiediamo il suo aiuto per esplorare la città come spazio di convivenza e di condivisione, spazio dove ci si identifica e si cercano risposte, per riscoprire i valori fondanti della città. Un luogo di relazione di scambi, capace di accogliere e di ospitare, un luogo privilegiato dove promuovere inclusione e cambiamento,  in contrapposizione alle ingiustizie, ai respingimenti, alle prevaricazioni alle negazioni delle libertà individuali, senza dimenticare il rapporto tra etica e politica. La città è la casa della società, ne è in qualche modo lo specchio la proiezione.
Vorremmo restituire, rintracciare, riconoscere il significato di cittadinanza, vorremmo trarre beneficio dalla stratificazione dalla mescolanza e dalla pluralità. Incrociare gli sguardi con le parole, ricostruire legami, ascoltare nuove voci, colorare la città e farla rinascere.
Cerchiamo un nuovo modo di vivere e condividere lo spazio, chiediamo la possibilità di mescolare idee, pensieri, storie, emozioni. Chiediamo di essere libere di condividere quello che di umano ci appartiene.
D’una città non godi delle sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda.  Italo Calvino Le città invisibili
Riflettendo intorno a questi temi è stata stilata una lista di domande che sono state rivolte, in questi mesi, a circa quaranta donne della nostra città, donne impegnate, che hanno lasciato una traccia nella città, donne che non fuggono alla responsabilità del presente, attente alla nostra contemporaneità, Antigoni del nostro tempo. Trovando nelle loro risposte forme tangibili di convivenza e di vera cittadinanza.
Le loro parole diventeranno drammaturgia e testo dello spettacolo.